Le cronache di Rishidd

  1. Capitolo 1

    AvatarBy Qwothe il 9 Oct. 2014
     
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    Non appena destato guardò fuori dalla finestra dalle spesse imposte. Un sole caldo e un vento fresco cullavano il risveglio della cupola di NewUtopia, la grande metropoli, punto di riferimento mercantile, culturale e artistico. Ancora steso, con un breve calcolo mentale capì che erano ancora le sei ameridiane.
    Con gli occhi cisposi e i segni delle lenzuola di lino Mareak sulle gambe il giovane gettò fuori dal letto i piedi che gli parevano pesanti come ancore e, con uno sguardo tronfio, si alzò barcollando. Appoggiandosi alla maniglia del comò, si diresse verso la porta ricca di finimenti dorati. Entrò in bagno e guardandosi allo specchio pensò -lo giuro sulla merda divina, questa è l’ultima volta che bevo più di una pinta di quella birra da quattro monete.-

    Rishidd era un ragazzo di sedici anni, poco più basso della media. Aveva lunghi e folti capelli neri che gli scendevano sulle spalle secondo la moda del momento e occhi di un grigio chiaro tendente al verde o al celeste, a seconda della luce del giorno e del tempo atmosferico.

    Si sciacquò il viso e, con le mani dalle dita agili e ancora umide, si ravviò i capelli, scoprendo l’orecchio sinistro, adornato da un orecchino d’oro di Jedah raffigurante l’emblema della sua famiglia: la runa scio. Si lavò metodicamente capelli e denti in modo quasi automatico e tornato nella sua camera da letto si vestì con larghi pantaloni neri, una maglia bordò, un paio di stivali bassi per camminare e una cappa grigia mollemente drappeggiata sulla spalla destra. Questi vestiti lo confondevano tra i normali cittadini della cupola ma tutti lo riconoscevano come il figlio della famiglia di mercanti più ricca della città.

    La sua famiglia faceva parte della “Borghesia di Scambio Acquisita”. Erano diventati famosi e ricchi grazie alla cupidigia del Padre e grazie alle sue attività, lecite e non.
    Padre e Madre erano in un perenne viaggio. Volavano o navigavano da cupola a cupola, da città mercantili a città minerarie, per vendere, comprare e barattare merci più o meno rare. Le volte in cui Padre e Madre facevano ritorno erano più uniche che rare e imprevedibili. E quelle rare volte Rishidd faceva del suo meglio per evitarli, talvolta alloggiando da un amico, talvota partendo per spedizioni, talvolta rincorrendo il vento con viaggi di piacere.
    Comunque tra i membri della loro famiglia, soprattutto nel nucleo più ristretto, non v’era una buona aria.
    Rishidd evitava i suoi genitori come un piccione evita la ruota di un carrozza elettrica.
    Era cresciuto nella solitudine più totale. E spesso e volentieri preferiva la solitudine alla compagnia di coloro che l’avevano abbandonato, quando ancora era un infante, ai litigi della famiglia o al presentarsi a noiosi e boriosi eventi burocratici e cerimoniali come il portatore del sigillo della casata. Assistito da altri membri della famiglia a soli tredici anni aveva il compito di assistere la casa e difendere il buon nome della famiglia Scio.

    Scese le scale che lo portavano dal piano degli alloggi al pian terreno e, ancora intontito da una serata di baldoria e spudorato divertimento, prese con se la sua sacca da viaggio e mentre la sistemava sotto la cappa grigia uscì dalla villa.
    Chiusa dietro di se la grande vetrata entrò nel giardino. Colse una mela e mentre si apprestava a mangiucchiarne svogliatamente un po’ scavalcò un po’ traballante la grata che divideva la villa di famiglia dalle ordinate e pulite vie del centro cupola di NewUtopia.

    Gettò via la mela e iniziò a percorrere le ordinate e colorate vie del centro di NewUtopia, sovrastato da un limpido e azzurro cielo primaverile. Le vie anche se trafficate sembravano ordinate e cordiali, come se tutti i pedoni e le carrozze elettriche fossero organizzate in un unica e pomposa danza. Si respirava solo armonia ed equilibrio. Superò la grande agorà, già strabordante di banditori intenti a inveire contro e bancarelle colorante che saturavano l’aria di spezie e profumo di abiti nuovi. Era un normale inizio ciclo e il mercato portava all’interno della città rumore, odori esotici e promesse di ottima merce.Mentre le donne erano indaffarate a contrattare con i mercanti gli uomini erano occupati dal lavoro in scuri uffici, chi più chi meno. Mentre Rishidd usciva dall’agorà pensando a quanta pena gli facessero i burocratici imboccava una viuzza più stretta del solito. Un rumore familiare arrivò alle sue orecchie e mentre sorrideva aprì una spessa porta a vetri.
    La taverna del Violinista Pazzo era uno dei suoi posti preferiti in città. Non appena aprì la porta sentì, trasportato sulle note di acid jazz un inebriante aroma di caffe. Gridò -quanto tempo deve passare prima che quel bastardo del signor Crow mi degni di un minimo di attenzione?-
    Crow, l’omone pelato dietro al bancone lo salutò con un cenno e di risposta disse -sarò subito da lei signor Rishidd, ma se poi se ne pente?-
    -Farò a meno di farlo, piuttosto, ordino un caffè, il nome di quella signorina e le memorie perse di ieri sera- rispose Rishidd con uno sguardo amichevole.
    Il locandiere portò subito il caffè sul bancone e indicando un buco sul muro dietro di lui disse sussurrando: -ieri sera ti sei messo in mostra davanti a Dinall, con i tuoi trucchetti di magia-.
    Crow dopo aver indicato il buco sul muro indicò Dinall e, aprendo la mano fece segno di voler essere pagato. Sorridendo di ricambio Rishidd pagò e disse -almeno ho fatto bella figura?-

    Dopo aver sorseggiato il caffè Rishidd si avvicinò alla comoda poltroncina ove Dinall era seduta intenta a leggere. La guardò e accennando un sorriso si ravviò i capelli. La ragazza dai rossi capelli ricci lo guardò e con fare timido salutò con un sorriso di ricambio, scoprendo solo uno o due denti. Prima che Rishidd ebbe aperto le labbra per parlare Dinall disse con fare ironico e divertito: -Ieri ti sei dimostrato proprio un perfetto gentiluomo Rish-
    -Ho fatto proprio una brutta figura?- rispose lui.
    Mentre lei si apprestava a rispondere con un sonoro e poco femminile si Rish disegnò sul tavolo con un gessetto bianco un circolo alchemico di trasmutazione con una piccola rosa disegnata nel centro, prese la mano di Dinall e, usando come fonte un paio di tovaglioli di carta trasmutò una perfetta rosa senza spine. -Per rimediare- aggiunse Rish con un sorriso.
    Lei, prendendo la rosa gli stampò un dolce e sonoro bacio con un forte schiocco sulla guancia e corrugando le sopracciglia con fare dolce disse -Ti va di trascorrere un po’ di tempo con me? La filosofia di Meccet è davvero noiosa-
    -Non potrei mai rifiutare della dolce compagnia da te, mia signora-.
    Mentre parlavano del più e del meno la tenerezza e la gentilezza si potevano tagliare con un coltello da burro ed essere spalmate su una fetta di caldo pane bianco. Ma il tempo non venne addolcito dalle gentili parole di due giovani invaghiti l’un dell’altra e continuò a scorrere. L’orologio a trasposizione energetica da tasca di Rish suono otto volte con un sonoro tac e, abbracciando calorosamente Dinall, il giovane componente della famiglia Scio scivolò via dal Violinista Pazzo e, fumando dalla sua pipa elettrica, si incamminò verso la grande villa degli Scio, dove il suo Precettore lo aspettava impaziente.
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  1. L'ippopotamo
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    Figo ma con errori,spero che nei prossimi capitoli inizino ad arrivare la trama e molti misteri. Mi piacerebbe molto sapere qualcosa di più sul mondo in cui si svolgono i fatti magari con un appendice alla fine di ogni capitolo per spiegare meglio questo universo narrativo.
     
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